Fede e Arte

S. Maria del Sasso fin dall’inizio della sua storia ha sempre rappresentato per tutto il Casentino un punto di riferimento importante; fede e arte hanno insieme esaltato questo luogo, benedetto dalla presenza della Vergine che qui si è manifestata con un evento singolare e con tanti altri segni successivi, ad indicare la particolare benedizione e protezione di Maria per gli abitanti di Bibbiena e dintorni.

Il santuario, con facciata semplice e lineare fu costruito su disegno di Giuliano da Maiano. Nella lunetta sopra il portale si trova un affresco di Gherardino del Fora datato 1486; a lato del portale un’antica scritta a carattere longobardo “Nell’ anno 1347, la vigilia del Battista qui apparve la Vergine Maria”.

Il campanile fu rialzato a cuspide nel 1851. Il loggiato, semplice e armonioso secondo lo stile del 400 fiorentino, presenta affreschi settecenteschi su alcuni miracoli della Madonna del Sasso.

 

 

Nella parete destra della navata centrale alla Basilica un’opera di Giovanni della Robbia ed alla parete di fronte alla terracotta robbiana si trova una tavola con Madonna e santi di Fra Paolino da Pistoia.

 

 
Commento dell’opera
Madonna col Bambino in trono e Santi, di Fra Paolino del Signoraccio da Pistoia, pittore domenicano (1490-1547). Dipinto di modeste dimensioni (184 x 164), firmato e datato sul basamento del trono con la data MDXXV (cioè 1525). La Madonna è in trono e ha sulle ginocchia il Bambino Gesù. Inizialmente questo dipinto era collocano in una cappella della chiesa inferiore (o terza chiesa), dedicata a S. Lucia. Clicca per ingrandireEcco perché questa Santa è raffigurata in posizione privilegiata, a destra della Vergine, mentre in parallelo, a sinistra, c’è santa Caterina d’Alessandria (nell’Ordine domenicano venerata come patrona dei filosofi).
Le due sante sono davanti in primo piano, inginocchiate e rivolte verso la Vergine. Gli altri personaggi, ai lati della Vergine, sono santi domenicani: Domenico, Tommaso d’Aquino, Vincenzo Ferreri e sant’Antonino, vescovo di Firenze. Lo stile di Fra Paolino, sensibile ai dettami del confratello Savonarola riguardo all’arte, mostra qui – come indica una didascalia delle Belle Arti – “caratteri arcaizzanti nella semplificazione formale e nella gamma cromatica di sapore quasi quattrocentesco”. Si tratta di un buon dipinto, collocato ora nella parete sinistra del Santuario, in fondo, ben visibile subito a chi entra in chiesa
Giuseppe Serrotti, O.P.

La chiesa superiore a croce latina con volte a botte e cupola contiene al centro un tempietto, capolavoro di Bartolomeo Bozzolini da Fiesole. Ai piedi dell‘altare spunta il masso dell’Apparizione. Molto verosimilmente questo masso è stato prolungato in muratura a chiusura del tempietto nella parte posteriore: questa parete ha sul davanti, all‘interno del tempietto, l‘affresco della Madonna del Sasso di Bicci di Lorenzo (1435 circa) e di dietro una annunciazione di Giovanni del Brina (1567) con quattro pannelli in basso che ricordano eventi legati all’apparizione.

Nel vano dietro l’altare, sulla parete di sinistra, l‘organo di fra Tommaso da Cortona (1525 ) e nella parete di fronte il ritratto di Fra Girolamo Savonarola, ritenuto il fondatore di questo convento. Nelle cappelle adiacenti è possibile vedere “la Natività di Maria” di Jacopo Ligozzi (1607) e “S. Giacinto” di L. Buti (1600 circa).

 

La natività della Vergine (1607) di Jacopo Ligozzi, pittore veronese (Verona 1547-Firenze 1627 ca.). Si tratta di un dipinto di media grandezza (270 x 200) ed è collocato nella piccola cappella davanti all’ingresso della sacrestia. Questa cappella fu fatta costruire dalla Famiglia Poltri di Bibbiena (1601), che commissionò anche questo quadro. E’ datato e firmato ai piedi dell’asciugatoio, con la scritta “Jacopo Ligozzi faceva 1607 in Fiorenza, in via Larga” (in questa via di Firenze c’erano concentrate allora tutte le botteghe granducali e c’era anche la bottega di questo artista).
Questo quadro è importante e veramente molto bello: nei suoi vivaci colori, il movimento che creano i vari personaggi (Angeli, Santi, la Vergine Bambina, le varie ancelle…) e tutta l’armoniosa composizione, ma in modo particolare è da sottolineare il soggetto rappresentato, cioè la nascita della Vergine, un soggetto raramente presente nell’arte. Si notano parti ben distinte: al centro, in alto e in basso, ai lati sopra e sotto.
Al centro: S. Anna, sdraiata nel suo giaciglio, che ha appena partorito, assistita da due presenze femminili; in basso: la Vergine Bambina, attorniata da ben sei presenze femminili. Una didascalia delle Belle Arti riporta questa precisa descrizione: “E’ un dipinto con un tono di grande intimità domestica, accentuata dalla raffigurazione estremamente naturalistica degli oggetti in primo piano: catino e brocca in rame, asciugatoio con il braciere che riverbera calore e luce sul volto tenero della Fanciulla e sui volti delle ancelle”; ai lati di questa parte principale del dipinto, vi sono in grande rilievo due Santi: Sebastiano e Raimondo di Penafort (forse uno della famiglia Poltri si chiamava Sebastiano e vollero nel quadro il suo patrono, mentre san Raimondo, patrono dei giuristi, era il patrono di tutta questa famiglia di di giuristi e qui vollero ricordarlo); in alto (continua la didascalia delle Belle Arti): “Più astratta e di ‘Maniera’ è la parte superiore, dove volteggiano giocosi cinque angioletti, in un girotondo di danza.
La composizione generale del quadro è sviluppata su piani successivi. Precede il tutto una sorta di pedana, che prosegue illusionisticamente i gradini reali dell’altare e nella quale sono dipinti a monocromo episodi della vita dei due Santi. Davanti a questa pedana è dipinta in primissimo piano una croce astile in bronzo, che offre una ulteriore illusione di realtà. I due Santi, di proporzioni molto maggiori delle figure della Natività retrostanti, posano sulla pedana. Alle loro spalle la Natività di Maria si svolge come un dipinto incorniciato da un listello dorato, inserito a sua volta come in un finto arco di pietra, con due angeli nei pennacchi. Il Ligozzi mette in atto, ancora agli inizi del nuovo secolo, quei procedimenti illusionistici e di gioco, tra realtà e illusione pittorica, caratteristici della pittura della ‘Maniera’, ma anche rivelatori della volontà di coinvolgimento emotivo e devozionale“
  1. Giuseppe Serrotti, O.P.

San Giacinto di Polonia di Lodovico Buti (1560-1600 ca), allievo di Santi di Tito. Dipinto di media grandezza (280-198), collocato nella cappella a sinistra del tempietto centrale, da dove inizia la scala per la cripta. Il nome dell’artista è scritto in basso, nella piccola pedana ai piedi di un vaso di fiori, dove è appoggiato un libro e lì è ben visibile anche la scritta “Sanc. Hiacintu”. Si tratta di un buon dipinto, che raffigura, a destra in basso, san Giacinto, in perfetto abito domenicano (tonaca bianca e scapolare dello stesso colore, con sopra cappa e cappuccio color nero). In alto, a sinistra, la Madonna col Bambino sulle ginocchia, raffigurata in atteggiamento di dialogo con san Giacinto e sembra accompagnare le parole col gesto e le dita della mano destra. Clicca per ingrandireIl santo, a braccia aperte e con lo sguardo rivolto alla Vergine, è confortato dalle parole della Madonna (riportate nella cornice dell’architrave, in alto):“Gaude fili Jacinthe quia tuae a Filio meo exauduntur preces” (“Gioisci, figlio Giacinto, perché le tue preghiere sono esaudite da mio Figlio”). In questo dipinto la Madonna è come sospesa in un trono di nuvole, sorretto da due angeli. Sempre in alto, nella parte sinistra, un piccolo stuolo di angeli dà movimento e gioia a tutto il quadro. Il restauro, avendo ravvivato i colori originali, sembra aver donato più luce alla la cappella, un po’ “fredda” per la pietra che contorna tutto il quadro.
  1. Giuseppe Serrotti, O.P.

 

1) Il coro, progettato da Stefano Lunetti di Firenze (1513 – 1522), con soffitto a capriata (1515 – 1516), e un
grande altare in pietra serena con colonnine scolpite da Feo da Bibbiena.

Sopra l’altare un maestoso quadro ad olio, opera congiunta di due pittori domenicani, Fra Bartolomeo della Porta per il disegno, e Fra Paolino da Pistoia per la pittura.

 

A sinistra dell’altare Prezioso Crocifisso a grandezza naturale, in cartapesta.
 
 

Prezioso Crocifisso a grandezza naturale, in cartapesta.

 

Una accurata ricerca dello storico dell’arte Michel Scipioni, per individuare l’autore di questo Crocifìsso – quando e dove venne scolpito – termina con queste indicazioni: “la particolare lavorazione della cartapesta, le dimensioni ed il modellato, fanno ricondurre il Crocifisso in ambiente fiorentino, e in modo plausibile, nella bottega o fra i seguaci di quel Ferdinando Tacca che a metà seicento aveva realizzato i più importanti Crocifissi in cartapesta in terra toscana.
Nelle cronache del Monastero delle Domenicane a Lucca, l’autore di questo Crocifìsso viene indicato come “bravissimo scultore” e si parla che nella stimata bottega d’arte all’interno del Monastero vennero unite le parti del Crocifisso rimaste divise, forse ad opera di Suor Maria Agnese Modana, che la cronaca indica come “molto perita nell’arte della pittoria”.In un secondo tempo fu fatto dipingere l’incarnato da un pittore esterno al Monastero.
Quanti ora possono vedere da vicino questo Crocifisso sentono di essere alla presenza di una grande opera d’arte: ne ammirano le forme perfette di ogni parte del corpo e soprattutto la compostezza e dolcezza espressa dalla
serenità del suo volto: sembra già rimandare alla gloria della sua Resurrezione.
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Stalli in noce: lavoro ad intarsio di Salvatore e suo figlio Michele dell’Impruneta (1525)

La cripta è il cuore del santuario. Qui la Vergine apparve alla piccola Caterina. Sull’altare la “Madonna del Buio”, statua lignea dei primi del 500 (scuola di Donatello) che da sè, per due volte, da Bibbiena fece ritorno al Santuario.

La Chiesa inferiore, costruita a sostegno del coro (1513-1523): nella piccola cappella centrale di sinistra troviamo una Madonna con Santi Cosma e Damiano di Lappoli (1535 circa); nella cappella di fronte una Deposizione di Baccio Bacci (1966); nella parete di fondo l’antica cornice cinquecentesca con S.Caterina da Siena, che fino al 1954 custodiva l‘affresco della Madonna del Sasso nella chiesa superiore.

L’antico convento, di origine savonaroliana, che insieme al Santuario costituisce un unico complesso architettonico, da quasi un secolo ospita una Comunità femminile di vita contemplativa: sono le Monache domenicane che vivono il carisma di S. Domenico nella preghiera, penitenza e clausura, sostenendo davanti al Signore l’apostolato dei confratelli e – in questo luogo – collaborando alla cura e custodia del Santuario. All’interno della clausura si trova il bellissimo chiostro cinquecentesco (che può essere visitato) e l’antico refettorio monastico con una grande “Cena” di Raffaellino del Colle (1534) ed altre importanti opere d’arte.

M

                  

 

                         Madonna del Rosario -Pier Dandini

 

 

Il chiostro, unico esemplare di chiostro cinquecentesco nel Casentino. Archi e capitelli non tutti uguali (l’ala più antica è quella a settentrione datata fine 400), con al centro un pozzo del 1502-1504. Le arcate sono tutte affrescate con i miracoli della Madonna del Sasso.

Salone dell’Antica biblioteca, ora “Sala P. Cordovani”: ampio locale cinquecentesco, suddiviso in tre spazi uguali da 8 colonne. Tetto a capriata. Riproduce, in dimensioni più ridotte, la Biblioteca di S.Marco di Firenze, su disegno di Michelozzo. Questa sala è adibita a conferenze, incontri, convegni. Di recente è stata dotata di alcune grandi vetrine che custodiscono arredi e paramenti sacri del Santuario.

Foto J R.